giovedì 16 settembre 2010

III. Dell'alessitimia

Potrebbe anche capitare, a chi investiga argomenti di elevata complessità, di arrivare a un punto in cui, scoperto il presunto funzionamento, esso si dimostra così dissimile da quello che abitualmente sperimentiamo da non ottenere lo sperato effetto di sorpresa e ammirazione.
È questo il caso di chi studia il cervello e il suo funzionamento. Si potrebbe pervenire a un punto in cui si chiariscono i meccanismi di azione della mente ma, data l’elevata individualità dei modi in cui può funzionare, rimanere comunque  ciechi alla spiegazione, non godendola appieno, un po’ come succede all’alessitimico.
L’alessitimia è un disturbo della competenza emotiva.
È associata a diverse altre patologie e disturbi psichici e si manifesta con una freddezza emotiva, incapacità di comprendere sia le proprie che le altrui emozioni e stati d’animo, tendenza alla stereotipia, attaccamento eccessivo e così via. È presente una generale incapacità di comprendere quello che si prova, ma questo non impedisce di avere emozioni, come dire, innominate, che generano, nel soggetto, solo confusione.
Nella risposta alla domanda di Annarita sul posto occupato e sul ruolo dell’alessitimia nel tentativo di spiegazione di cosa sia un’emozione ponevo l’accento su una distinzione per me fondamentale: classicamente si intende l’alessitimia come un disturbo della verbalizzazione o simbolizzazione delle emozioni, ma meglio si dovrebbe dire della loro localizzazione spaziale. Il linguaggio verbale non può nascondere la sua derivazione fisica, il suo riferimento, pur se con strumenti astratti, alle cose reali e concrete. Discende da questa constatazione che, esaurito il numero di emozioni gestibili dal corpo fisico, si comincia a utilizzare la mente con la mediazione del linguaggio verbale.
Ma questo è fuorviante. Non è tanto il linguaggio in sé a generare l’emozione relativa, senza il quale non se ne avrebbe cognizione, ma la capacità del linguaggio verbale (come è anche di quello motorio e corporeo) di dare corpo e sostanza (cioè di collocare in uno spazio che si può agire)  all’emozione, in modo che l’individuo sappia come comportarsi (in questo aiutato dall’esperienza).
In realtà l’alessitimico è sia incapace di provare emozioni che di provarne in modo confuso, senza saperle descrivere, senza sapere di quale emozione si tratta, anche se spesso è di tipo disforico. La mia spiegazione riguarda dunque la difficoltà di collocare l’emozione in uno spazio dal quale possa essere agita. Resta il problema di definire come possiamo accorgerci che è presente un’emozione quando non siamo in grado di collocarla: se possiamo collocarla in uno spazio dobbiamo esserne competenti, altrimenti no, mentre osserviamo che l’alessitimico prova emozioni ma non riesce a definirle, spesso, al di là di semplicissime definizioni.
Questo ha a che fare con un affinamento del concetto di emozione e con la definizione di meccanismi multipli di azione (non può averne uno solo, sarebbe troppo semplice e poco propenso alla complessità).

6 commenti:

  1. Potrebbe andare meglio ,ma ho imparato ad accontentarmi .

    ciao :)

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  2. Certo fa impressione pensare che ci possano essere persone che chiudono le emozioni in un'oscura prigione, buttando via la chiave e non sono in possesso di un codice per decifrare ed esprimere con parole quello che vi hanno rinchiuso dentro.
    Senz'altro ci saranno delle cause in questo deficit,che in un certo qual modo credo possa essere legato qualche volta a un forte trauma, subito probabilmente in tenera età, ma anche in età adulta. Allora, in presenza di fatti ed eventi emozionali che "ricordano" il trauma subito, il soggetto forse si difende rimuovendo ed allontanando la fonte dell'emozione, legata allo shock del passato...
    Io devo avere qualche caso di alessitimia per qualche alunno che, davanti all'emozione della bellezza di una dimostrazione matematica, non si scompone! Ma non riesce nemmeno a cogliere nè a decodificare il mio stato emozionale, pervaso da una sorta di ebbrezza di fronte alla stessa dimostrazione!
    Complimenti per il post! Veramente molto interessante.
    Ciao, Paopasc

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  3. PS: il commento precedente è di
    maria I

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  4. Brava Maria, hai fatto un'ottima osservazione, alcuni tuoi alunni sembrano così freddi all'emozione che suscita una dimostrazione matematica per il solo fatto che non riescono a collocare l'emozione in uno spazio che possono vivere, del quale essere coscienti.
    E così finiscono per essere ciechi a quel tipo di emozione.

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  5. Ti ringrazio, Pa, di aver pubblicato addirittura un post, che ha chiarito alcuni dei miei dubbi.

    La mia preoccupazione, da docente, è la seguente:"In caso, un domani, avessi a che fare con un alunno alessitimico, come comportarmi? Esistono delle strategie terapeutiche compensative?

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  6. Ti ringrazio, Pa, di aver pubblicato addirittura un post, che ha chiarito alcuni dei miei dubbi.

    La mia preoccupazione, da docente, è la seguente:"In caso, un domani, avessi a che fare con un alunno alessitimico, come comportarmi? Esistono delle strategie terapeutiche compensative?

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