giovedì 27 maggio 2010

Assoluto e relativo


Perché possono esistere idee come quelle di bene o male assoluto?
Non credo di aver dimostrato che il bene assoluto è impossibile in realtà, ma solo di aver instillato il dubbio o per lo meno posto la questione. La mia convinzione è che in questa realtà, composta di tre dimensioni spaziali e una temporale non ci sia posto per il bene assoluto, cioè un bene che sia assolutamente e indubbiamente giovevole a chiunque, che non causi a nessuno neanche la più insignificante quantità di male nel suo darsi.
È, nella mia convinzione, questo dell’esistenza dell’assoluto bene o dell’assoluto male, una manifestazione caratteristica del modello di funzionamento di un sistema complesso e strutturato come il linguaggio simbolico, naturale alveo nel quale confluisce l’intelligenza in genere, e che è sia effetto che causa di se stesso.
Il mondo del linguaggio motorio conosce il bene e il male, relativo a un sé. I macachi reso (Macaca mulatta) hanno, per esempio, una struttura sociale fortemente gerarchizzata: se in una comunità di macachi reso si introduce una femmina estranea, costei finisce in fondo alla gerarchia sociale e quelli che prima erano ultimi sono i più felici in assoluto del gruppo perché ora hanno qualcuno da infastidire e sul quale esercitare il loro unico esercizio di dominanza. In questi animali è presente dunque la consapevolezza del bene come riferito esclusivamente a sé e tutta la comunità di macachi è basata su questo assunto: tanto è vero che, quando c’è una contesa tra due individui, un terzo senza vincoli di parentela che avesse voglia di far carriera, non si alleerebbe con il più debole ma con il più forte.
Allo stesso modo, se putacaso un individuo mostra un giorno segnali di debolezza, per malattia o altro trauma, tutti gli altri, nessuno escluso (a meno che non si tratti di una femmina imparentata) lo aggredirebbero e forse alla fine anche ucciderebbero per scavalcarlo nella gerarchia.
Probabilmente, all’interno dell’intelligenza del macaco, non esiste nemmeno un concetto come compassione per il più debole. Il più debole è soltanto un soggetto in momentanea difficoltà e che quindi può essere attaccato senza grandi rischi. Le eccezioni nel mondo animale, uomo escluso, sono poche o forse assenti del tutto.
Il bene è sempre relativo in natura, e significa molto spesso la differenza tra la vita e la morte. Un animale che vi rinunciasse dovrebbe ottenere in cambio, pena il suo rischio di estinzione, qualcosa di veramente notevole. Compassione in cambio di cosa?
Potere assoluto!
Il mondo del linguaggio simbolico conosce il bene e il male, sia in relazione a un sé come ricevente che in relazione a sé come offerente. Il bene, per il linguaggio simbolico, può essere qualcosa che ti cerca contrariamente a quello che succede per il linguaggio motorio in cui il bene è qualcosa che tu estrai dalle cose e dagli individui, dagli eventi della tua vita. Il bene insomma è qualcosa che hanno cose e individui e che tu puoi sottrarre loro, come quando l’ultimo in ordine gerarchico scopre che una macaco femmina è entrata a far parte del suo gruppo: ora anche lui ha il suo piccolo schiavetto, ora anche lui può allearsi con qualcuno davanti a sè nella gerarchia, contro l’ultima arrivata.
Il mondo che vedono i macachi reso è quello del massimo guadagno per sé, poi per ciò che è più vicino a sé cioè i parenti stretti e poi ancora per il gruppo di appartenenza. Al di fuori di questo non esiste nient’altro.
Nel correre e camminare con le braccia staccate dal suolo, l’antico uomo impara che anche quel solo movimento degli arti superiori si riferisce al camminare. E così, con quegli stessi arti, si può chiamare a sé, nel senso di camminare con gli arti superiori sollevati fino a sé, oppure si può allontanare da sé, nel senso di camminare con gli arti superiori sollevati lontano da sé.
Nasce, in questo modo, l’anfibologia del significato. Uno stesso gesto, che nel linguaggio motorio avrebbe sempre lo stesso significato, nel linguaggio extra-motorio (cioè simbolico) acquista la possibilità di avere più di un significato, la qual cosa permette anche la contraddizione.
Questa però è solo un’affermazione, che ha valore di opinione. Occorre costruire un sistema formale che dimostri il vantaggio adattivo dell’uso di un sistema linguistico basato sulla contraddizione (cioè che l’accetti, non che ne sia totalmente composto) oppure scovare prove dirette o indirette che ne confermino la validità.
Anche la creazione del valore di “assoluto” discende da questa capacità: mentre definire bene e male in funzione del proprio benessere è tipicamente un concetto relativo di un modo di sentire assoluto (infatti l’animale è vero che decide che un evento è un bene o un male in relazione a sé –sia direttamente che indirettamente- ma è anche vero che egli interpreterà sempre male  come entità assoluta –non capirà cioè che da un piccolo male può discendere un bene, come per esempio estrarre una spina da una zampa), quello che fa l’umano è di definire bene e male come concetti assoluti anche se nell’esperienza quotidiana si può percepire un evento come relativamente benevolo o malevolo.
Il concetto di assolutezza del bene e del male cioè smaschera l’esistenza di queste due entità al di là del dato immediato (ti costringo a andare a scuola, anche se non ti piace, per il tuo bene) e nel contempo ne delibera la desiderabilità: cioè si desidera sempre che questa nostra vita, vissuta più che spesso come una variazione del male, sia in realtà un preludio di un bene ancora non osservabile.

9 commenti:

  1. Il linguaggio motorio, chiamiamolo "naturale" risponde a necessità non sempre immediate: la Natura deve protrarre la specie e quindi "generare"altri esseri viventi. Un mammifero deve partorire, non è una scelta, anche se sembrerebbe una vera e propria scelta apparente tra male e bene: il parto è doloroso, infatti. Anche in natura perciò esiste il concetto di male temporaneo per poi giungere a un "bene" che l'agente passivante nemmeno percepisce come tale. Il Bene della conservazione della specie si traduce in un male temporaneo, ma necessario. Anche in natura il concetto di Bene ha una sua "futuribilità" oppure una cessazione. Una gatta abbandonerà i propri gattini se non sarà in grado di allattarli: sceglierà di salvare i più "forti" sopprimendo i più deboli, se necessario. Non acquisisce il concetto di "sacrificio", ma agisce inconsapevolmente nel Bene del resto della sua prole.
    L'essere umano, in quanto animale, compie scelte obbligate che lo portano da un male apparente, ma necessario, verso un bene spesso nemmeno individuabile.
    E quando non compie scelte obbligate? Quando cioè si autoinfligge il Male per il conseguimento di un Bene? Cosa lo motiva?
    E' ciò che tu chiami "desiderabilità" e che altrove hai definito come cambiamento di stato, come "movimento" dal bene al male.
    La Desiderabilità e il Bisogno sono la stessa cosa?
    La mente umana è una sorta di perenne "periodo ipotetico", secondo me. L'uomo vive di SE, e nell'ipotesi del "se" esprime il suo SE'.
    «L’inappetenza è grande, nessuna cosa mi gusta, e se alcuna cosa mi gusterebbe, mi è del tutto proibita». Ma quanto mi piace la grammatica, e anche Galileo.
    Buondì Paopasc.
    B

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  2. pascucci!!! che storia è questa di applicare ai macachi il concetto di relativismo? come sareebe che il "però" (cuore del relativismo)si applica a qualcosa che è un barlume di intelligenza, niente altro che una lontanissima somiglianza a quella umana? bene e male non sono ne relativi ne assoluti, se slegati uno dall'altro diventano solo una scelta, non un bisogno, l'animale non avendo "coscienza" non può per natura compiere una scelta, cos'è sta storia di relativizzare l'uomo a un animale? equiparare il bene al male? ma dico possibile che vuoi ridurre l'idea di bene e male a un azione? ecchè cavolo, è un astrazione dalla quale deriva una scelta decisionale, negare il bene come negare il male perchè da entrambi potrebbe scaturire l'esatto contrario, oltrechè banale (l'altra faccia della medaglia) è piuttosto negare ben altro, ovvero un potere che l'uomo ha e che può esercitare tutto qui, mi scuso della cazzate che dico paolo e come sempre weeeeeee buon giornooooooo

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  3. Ciao Paolo ,grazie ,l'ho pubblicata .

    baci

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  4. Se devo essere sincera ,è pony che mi ha fatto ascoltare la prima volta questo genere ,mi sono sempre rifiutata di accostarmi alla celtica ,poi tutto sommato ho scoperto che mi piaciuta ,la vedevo molto adatta al testo ,sono contenta che ti sia piaciuta .

    ribacio :)))

    ps io non ho solrelle :)

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  5. Considera, B, che c'è chi ipotizza che quando gli umani compresero il loro ruolo nella procreazione (che fino a allora restava magica) trasformarono gli dei da femminili (madre terra) in maschili (dio padre).
    Se esiste il concetto di un male temporaneo che conduce al bene questo non credo che faccia parte del mondo esperito dall'animale, che segue gli ordini degli istinti. invece rilevo una sua incapacità, dell'animale, a capire, per esempio, che da un male immediato (togliere una spina da una zampa) proviene un bene futuro (la guarigione) e infatti per curare gli animali spesso occorre anestetizzarli.
    Nel caso del male autoinflitto, ovvio che il traguardo è un bene futuro. Oppure può essere il dolore in sè.
    La differenza tra i due tipi di linguaggi, che trasportano forse un medesimo genere di pensiero, è dato dalla capacità di osservare le cose da un livello superiore il che consente sia la metaanalisi che la previsione del futuro.
    E penso pure che se noi aggiungessimo altre aree associative a quelle che abbiamo potremmo sviluppare un tipo di linguaggio sempre più vicino al pensiero puro, considerando che io ritengo ogni forma di linguaggio un freno all'espressione completa del pensiero.
    Buonasera, B.

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  6. no pony musicaio, non porto il relativismo tra i macachi. Niente affatto. Dico che l'animale osserva il mondo sempre dal suo punto di vista (mentre noi possimao modificarlo, succede raramente però possiamo) e in questo senso la sua esperienza del dolore è sempre assoluta, non frapponendo niente tra sè e il dolore, nessun concetto. Noi invece sappiamo che il dolore è relativo, per il semplice fatto che p.e. facciamo la fame mentre c'è chi sguazza. E' proprio a causa di questo fatto, per superare lo stress causato da questa consapevolezza, che ricerchiamo bene e male assoluti, come guidati da entità sopra di noi.

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  7. no pony musicaio, non porto il relativismo tra i macachi. Niente affatto. Dico che l'animale osserva il mondo sempre dal suo punto di vista (mentre noi possimao modificarlo, succede raramente però possiamo) e in questo senso la sua esperienza del dolore è sempre assoluta, non frapponendo niente tra sè e il dolore, nessun concetto. Noi invece sappiamo che il dolore è relativo, per il semplice fatto che p.e. facciamo la fame mentre c'è chi sguazza. E' proprio a causa di questo fatto, per superare lo stress causato da questa consapevolezza, che ricerchiamo bene e male assoluti, come guidati da entità sopra di noi.

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  8. pascucci!!! che storia è questa di applicare ai macachi il concetto di relativismo? come sareebe che il "però" (cuore del relativismo)si applica a qualcosa che è un barlume di intelligenza, niente altro che una lontanissima somiglianza a quella umana? bene e male non sono ne relativi ne assoluti, se slegati uno dall'altro diventano solo una scelta, non un bisogno, l'animale non avendo "coscienza" non può per natura compiere una scelta, cos'è sta storia di relativizzare l'uomo a un animale? equiparare il bene al male? ma dico possibile che vuoi ridurre l'idea di bene e male a un azione? ecchè cavolo, è un astrazione dalla quale deriva una scelta decisionale, negare il bene come negare il male perchè da entrambi potrebbe scaturire l'esatto contrario, oltrechè banale (l'altra faccia della medaglia) è piuttosto negare ben altro, ovvero un potere che l'uomo ha e che può esercitare tutto qui, mi scuso della cazzate che dico paolo e come sempre weeeeeee buon giornooooooo

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  9. Il linguaggio motorio, chiamiamolo "naturale" risponde a necessità non sempre immediate: la Natura deve protrarre la specie e quindi "generare"altri esseri viventi. Un mammifero deve partorire, non è una scelta, anche se sembrerebbe una vera e propria scelta apparente tra male e bene: il parto è doloroso, infatti. Anche in natura perciò esiste il concetto di male temporaneo per poi giungere a un "bene" che l'agente passivante nemmeno percepisce come tale. Il Bene della conservazione della specie si traduce in un male temporaneo, ma necessario. Anche in natura il concetto di Bene ha una sua "futuribilità" oppure una cessazione. Una gatta abbandonerà i propri gattini se non sarà in grado di allattarli: sceglierà di salvare i più "forti" sopprimendo i più deboli, se necessario. Non acquisisce il concetto di "sacrificio", ma agisce inconsapevolmente nel Bene del resto della sua prole.
    L'essere umano, in quanto animale, compie scelte obbligate che lo portano da un male apparente, ma necessario, verso un bene spesso nemmeno individuabile.
    E quando non compie scelte obbligate? Quando cioè si autoinfligge il Male per il conseguimento di un Bene? Cosa lo motiva?
    E' ciò che tu chiami "desiderabilità" e che altrove hai definito come cambiamento di stato, come "movimento" dal bene al male.
    La Desiderabilità e il Bisogno sono la stessa cosa?
    La mente umana è una sorta di perenne "periodo ipotetico", secondo me. L'uomo vive di SE, e nell'ipotesi del "se" esprime il suo SE'.
    «L’inappetenza è grande, nessuna cosa mi gusta, e se alcuna cosa mi gusterebbe, mi è del tutto proibita». Ma quanto mi piace la grammatica, e anche Galileo.
    Buondì Paopasc.
    B

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