domenica 19 settembre 2010

V. Della realtà e della fantasia

E così, tutta la vita, sembra un continuo tira e molla tra due opposte sensazioni.
Da una parte vi è la realtà che mortifica le aspirazioni. Le tue idee sono sempre troppo fantasiose, irrealizzabili, campate per aria, e così pure i tuoi propositi,  il tuo ideale di relazione tra le persone, le tue aspettative. La realtà sembra fatta apposta per imbrigliare, chiudere, soffocare, si ha come la sensazione di camminare nelle sabbie mobili o in una stanza formata da alti e stretti corridoi, dove sono permessi solo certi percorsi.
Dall’altra parte c’è la fantasia. Nella fantasia si può stare anche attenti a non violare le leggi della fisica, eppure si può volare. Si immaginano le cose come potrebbero essere, i diversi utilizzi, le diverse disposizioni, i comportamenti possibili. Infatti non è vero che, dato un soggetto adulto, con una personalità formata, la sua scelta ad una opzione presentata sia statisticamente deterministica. Intendo che non è detto che la sua scelta debba essere prevedibile (deterministica), stante la sua storia e la sua personalità, un numero statisticamente significativo di volte.
E poi si possono stabilire nuove relazioni tra gli eventi e le cose. Si può stare al limite, sul bordo, e camminarci come su un filo teso nel vuoto. Con la fantasia si possono fare sogni, ma in quel Regno si possono realizzare solo in maniera reversibile. Per realizzarli in maniera irreversibile, o quasi, bisogna scendere nella realtà.
E infatti le cose vanno forse così: prima c’è la realtà, che magari in parte non ci piace. Allora proviamo a cambiarla nella fantasia, per capire come potremmo fare, e poi cerchiamo di trasferire il tentativo nella realtà, per renderlo stabile.
A un certo punto mi chiedo: se la realtà fosse la nostra fantasia, ne avremmo ancora, di fantasie? Fantasie di fantasie.
Si immagini, per un momento, di vivere la realtà di una nostra fantasia. Fatto? Bene.
Ora viene la parte difficile: immaginate adesso quali potrebbero essere le vostre fantasie in una realtà –fantastica- siffatta. Ce la fate? Difficile, vero?
La fantasia ha bisogno di una realtà, ma la realtà non la si può immaginare. La percezione del sé nel reale ha caratteristiche proprie di irreversibilità. Le convinzioni, le credenze e tutto quanto l’apparato concettuale che ci sostiene nella convinzione di noi stessi calati nel reale è una costruzione troppo forte per essere messa in discussione, coinvolge tutto il nostro essere, non è  solo il risultato di un apparato concettuale, è  l’apparato stesso.
Quando però la fantasia diventa realtà allora anche la realtà diventa piacevole.
Altre volte la realtà va bene così com’è e non si hanno fantasie.
È lo stesso caso, quello di queste due ultime affermazioni? Se una fantasia diventa realtà e se c’è qualcuno che non ha fantasie, si è in una condizione invidiabile –perché quasi tutto quello che desideriamo si è avverato- oppure si è in una condizione non invidiabile –perché non si riesce nemmeno a immaginare una realtà diversa da questa-?

8 commenti:

  1. Sì, come esercizio è piuttosto difficile. Anche limitandosi ad una sola fantasia.
    La mia mente deformata ha immaginato l'esercizio in un contesto kripkiano di mondi possibili: mondo attuale A che è in relazione con un mondo possibile B, in cui la mia fantasia è realizzata, che è a sua volta in relazione con un mondo possibile C in cui la nuova fantasia del mio alter ego del mondo possibile B è realizzata.
    Il problema per l'io del mondo A è immaginare la nuova fantasia del suo alter ego del mondo possibile B. In altre parole la relazione di accessibilità tra questi mondi non è transitiva.

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  2. Infatti. Possiamo immaginare che il mondo di A abbia consapevolezza del mondo di B come realizzazione di sè ma che B, a sua volta, sia in grado di generare desideri e aspettative dalla sua nuova posizione, che si manifestano in un mondo C, e che però sfuggono alla comprensione di A. Occorre rilevare che si tratta sempre della stessa persona e che un'ipotesi come la tua resta per me valida finchè la fantasia non diventa realtà nel mondo di appartenenza. Dopo che è diventata realtà la fantasia, dal mondo B collassa nel mondo A e a quel punto sono nuovamente accessibili a A tutte le fantasie, ma non le fantasie delle fantasie, che è il caso citato da te.
    Per uscire dalla metafora mental-filosofica e tradurre il tutto in fisiologia, potremmo dire che rispetto ai desideri, finchè non sono realizzati, non siamo in grado di produrre opzioni diverse al sogno stesso, a quel sogno.E' una specie di doppio grado di libertà, ma non triplo, e potrebbe essere un limite della mente.

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  3. L'ho sempre detto che io sono una belva !!!! ;)

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  4. Ma come ,a te non piacciono le smancerie !!!
    mo che fai ,mi conti i baci ??? :PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP

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  5. Pao,
    mi hai fatto venire in mente un po' di riflessioni e ora, siccome è colpa tua, ne paghi le conseguenze: ti tocca leggerle.

    Perché non posso immaginare la fantasia di una fantasia? Cosideriamo solo quella parte di fantasia che potremmo definire "fantasia migliorativa" (forse esiste un termine corretto, in quel caso sono certo che lo conosci), cioé quella che scaturisce da un'insoddisfazione personale. Se non mi piace la mia l'aspetto della mia fidanzata, magari fantastico di stare assieme a Jessica Rabbit. In questo caso, fantasia per fantasia, sarà molto probabile che nei miei sogni ad occhi aperti ci sia il meglio: che senso avrebbe fantasticare una vita in cui sto con Biancaneve mentre fantastico di stare con Jessica? Quindi per ora ci siamo.

    Ma se non ci limitiamo alle fantasie migliorative, perché dovrebbe essere difficile immaginare la fantasia di una fantasia? Non posso immaginare di essere un bue che fantastica di essere un aquilotto? Ti faccio un esempio concreto: mi capita, alle volte, di sognare di essere uno scrittore, ed all'interno di questo sogno ad occhi aperti immagino le storie che scriverei: una fantasia all'interno di un'altra fantasia.

    Il cerchio si chiude se penso ad una frase scritta da un vecchio amico: abbiamo bisogno di un punto di riferimento, noi stessi. Quindi ogni fantasia (per quanto calata dentro un'altra fantasia fino all'ennesima potenza) non può prescindere, come saggiamente dici tu, dalle percezioni sensoriali che abbiamo da quando esistiamo, parafrasando una vecchia canzone: se non esistessero i vegetali, riusciremmo a immaginare i fiori?

    Infine, credo che il motivo per cui non facciamo spontaneamente fantasie di fantasie sia non per il fatto che è difficile, ma per il fatto che non è "economico": richiede un processo mentale aggiuntivo che non aggiunge valore. E il nostro cervello, per quel che so, tende alla sintesi.

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  6. Pao,
    mi hai fatto venire in mente un po' di riflessioni e ora, siccome è colpa tua, ne paghi le conseguenze: ti tocca leggerle.

    Perché non posso immaginare la fantasia di una fantasia? Cosideriamo solo quella parte di fantasia che potremmo definire "fantasia migliorativa" (forse esiste un termine corretto, in quel caso sono certo che lo conosci), cioé quella che scaturisce da un'insoddisfazione personale. Se non mi piace la mia l'aspetto della mia fidanzata, magari fantastico di stare assieme a Jessica Rabbit. In questo caso, fantasia per fantasia, sarà molto probabile che nei miei sogni ad occhi aperti ci sia il meglio: che senso avrebbe fantasticare una vita in cui sto con Biancaneve mentre fantastico di stare con Jessica? Quindi per ora ci siamo.

    Ma se non ci limitiamo alle fantasie migliorative, perché dovrebbe essere difficile immaginare la fantasia di una fantasia? Non posso immaginare di essere un bue che fantastica di essere un aquilotto? Ti faccio un esempio concreto: mi capita, alle volte, di sognare di essere uno scrittore, ed all'interno di questo sogno ad occhi aperti immagino le storie che scriverei: una fantasia all'interno di un'altra fantasia.

    Il cerchio si chiude se penso ad una frase scritta da un vecchio amico: abbiamo bisogno di un punto di riferimento, noi stessi. Quindi ogni fantasia (per quanto calata dentro un'altra fantasia fino all'ennesima potenza) non può prescindere, come saggiamente dici tu, dalle percezioni sensoriali che abbiamo da quando esistiamo, parafrasando una vecchia canzone: se non esistessero i vegetali, riusciremmo a immaginare i fiori?

    Infine, credo che il motivo per cui non facciamo spontaneamente fantasie di fantasie sia non per il fatto che è difficile, ma per il fatto che non è "economico": richiede un processo mentale aggiuntivo che non aggiunge valore. E il nostro cervello, per quel che so, tende alla sintesi.

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