lunedì 4 ottobre 2010

XI. Dormire o non dormire?

La scienza progredisce rapidamente, alle volte anche troppo, almeno per quel che riguarda i risultati di alcune sperimentazioni, con lo spiacevole corollario di gettarci nella confusione.
A poca distanza l'uno dall'altro escono due lavori sulla durata del sonno che sembrano in leggero contrasto l'uno con l'altro.
Nel primo, Sabanayagam e Shankars (2010) hanno seguito un elevato numero di soggetti catalogati per ore di sonno, da 5 a 9 ore per notte e hanno scoperto che sia brevi che lunghi periodi di sonno erano associati con un aumento delle malattie cardiovascolari, indipendentemente dall'età, dal sesso, dall'etnia, se si  era fumatori, se si consumava  alcol, dall'indice di massa corporea e dalla presenza di patologie come diabete, ipertensione e depressione, quando paragonato con una durata del sonno di 7 ore. Dunque 7 ore di sonno per notte sembrerebbero, secondo questo studio basato su interviste e non su registrazioni dirette, l'optimum dal punto di vista delle malattie cardiovascolari.
Un altro lavoro dello psichiatra Kripke (Kripke et al. 2010) sembrerebbe andare in una direzione leggermente diversa, abbassando, seppure non di molto, la durata ottimale del sonno notturno. Lo studio, della durata di 14 anni, prevedeva una registrazione actigrafica (registrazione dei movimenti notturni) al polso di 444 donne, età media 67,6 anni. I risultati, in termini di sopravvivenza, sono stati i seguenti:
61% (54-69%) per meno di 5 ore di sonno
90% (85-94%) da 5 a 6 ore e mezzo di sonno
78% (73-85%) per più di 6 ore e mezzo di sonno.
In attesa di altri clamorosi sviluppi nello studio del sonno, il vecchio buon senso che dice di non dormire nè troppo nè poco vince ancora, anche se rivisto leggermente al ribasso.





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SABANAYAGAM Charumathi, SHANKARS Anop, Sleep Duration and Cardiovascular Disease: Results from the National Health Interview Survey, Sleep 2010 v. 33 n. 8 pp. 1037-1042   http://cat.inist.fr/?aModele=afficheN&cpsidt=23060258

Daniel F. Kripke, Robert D. Langer, Jeffrey A. Elliott, Melville R. Klauber, Katharine M. Rex, Mortality related to actigraphic long and short sleep, Sleep Medicine, In Press, Corrected Proof, Available online 25 September 2010, ISSN 1389-9457, DOI: 10.1016/j.sleep.2010.04.016.



7 commenti:

  1. Io rientro nel 61%, normalmente. Il sabato e la domenica nel 90%...

    Sono un po' confusa...a quale delle sperimentazioni dovrei dare più credito?

    Usa il buonsenso, mi risponderai! Evvabbé.

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  2. Grazie di questa notizia, mi rincuora delle mie sei ore scarse.

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  3. Si potrà anche avere il lusso di vivere senza preoccuparsi di dormire troppo...io amo dormire, per questione di lavoro e di amore per le passioni posso dormire anche solo 6 ore ma il mio optimus sono ben 9 ore, sai io ho il cervello che lavora molto e quindi ha bisogno di maggior riposo...a parte gli scherzi,io ho la fissa che chi dorme di più campa di più, deve recuperare il tempo perso col sonno....ah, ah, ah...risata.
    Ciao Paolo, buona settimana.

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  4. Beh Anna, il buon senso sarebbe auspicabile nel fare le cose senza forzare troppo, per cui se uno non manifesta segni evidenti da carenza di sonno...In quanto agli studi, come detto, il secondo, quello con le percentuali, si basa su una registrazione actigrafica dei movimenti del polso, rispetto all'altro che prevedeva delle interviste, quindi leggermente più soggettive.
    Diciamo che il secondo amplia il range.
    Un aspetto però che unisce entrambi i lavori riguarda le posizioni alle estremità della curva: sotto le 5 ore e sopra le 7 ore.

    Bene Luca, sembri all'interno del buon sonno, almeno in un caso...

    Si, forse è così Teo, permettersi il lusso di dormire quanto si vuole: in generale questi studi non impongono, informano. Poi uno, dopo informato, decide come vuole.

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  5. Personalmente, sabato e domenica rientro nel 78%.
    Il resto dei giorni, come capita.

    Interessante e ben riportata la notizia.

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  6. Molto interessante come studio, non mancherò di approfondire la questione. Personalmente ritengo il primo studio affidabile, visto che è stato condotto su di un campione molto più grande del secondo, e fornisce un dato interessante:

    <>

    In altre parole, i problemi insorgono quando si dorme cinque ore o meno. Personalmente, per quanto ritenga questi studi validi, non sono pienamente convinto. Viene sottolineato che i risultati siano omogenei nello stesso gruppo anche con soggetti che differiscono per età, sesso e attitudine a fumare, il che significherebbe come la quantità di sonno sia fondamentale per la buona salute del sistema cardiovascolare. E non credo che rivesta un'importanza tale.

    Ciò detto conosco gente che grazie al sonno polifasico dorme anche molto meno delle cinque ore prese come limite minimo dall'articolo (fra cui anche io), e non ha avuto nessun tipo di problema. Certo scorpire quale sia la relazione fra la quantità di sonno e le malattie del cuore sarebbe già un ottimo passo: ad esempio, è una questione prettamente fisica (del corpo immobile) o anche mentale (e quindi collegata alla fase REM del sonno)?

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  7. Mindcheats, ti allego questo link del Telegraph dove vengono fornite alcune possibili cause dell'aumento di mortalità cardiovascolare in seguito a una riduzione di sonno
    http://www.telegraph.co.uk/health/healthnews/7920197/Seven-hours-sleep-is-the-recipe-for-health.html
    sono quelle classiche: dismetabolismo, aumentata resistenza insulinica, più tempo per mangiare, aumenti pressori e così via. più problematica la spiegazione per i long sleeper.
    Se guardi nel primo abstract, gli odds ratio delle 5 e 9 ore di sonno, rispetto alle 7, ci sono, rispettivamente, 2,20 e 1,57 volte più probabilità di contrarre le CVD.
    D'accordo con te che non è ancora detta l'ultima parola. Però qualche piccola certezza in più si può avere.
    Sul sonno polifasico, noto solo che in natura è molto diffuso, oltre che tra i neonati. Anche Leonardo lo utilizzava e molti altri.
    E' un aspetto molto interessante, mi guarderò un po' di letteratura in merito.

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