sabato 13 novembre 2010

La supremazia dell'italiano.Come e perchè stiamo come stiamo: le pensioni

E come stiamo? Male.
E' sempre così sorprendente verificare che la possibilità di cambiare sta nelle nostre mani e invece non ne facciamo niente. La classe politica italiana viene definita da alcuni come lo specchio dell'italiano medio. Da qui la supremazia dell'italiano medio, cioè di quell'italiano talmente furbo da essere causa del proprio male.
Chi è ricco diventerà sempre più ricco e chi è povero diventerà sempre più povero. Non so se è un luogo comune ma certamente in qualche caso è un dato di fatto. L'occasione per parlarne me la dà questo libro di  David Perluigi (giornalista professionista, collaboratore dell'Espresso, del Fatto Quotidiano e di trasmissioni su La7), Fannulloni, dove non si parla, come dice il sottotitolo, solo dell'Italia che non lavora, ma anche dell'Italia dei privilegi e delle ingiustizie. Privilegi e ingiustizie che dovrebbero far fare fronte comune a tutti gli italiani che assistono impotenti ai primi e subiscono impotenti le seconde, e invece no, perchè noi siamo furbi e i migliori. Ma forse solo individualisti e stupidi.
Si dirà: ma perchè fai queste affermazioni? E allora ecco uno di questi perchè.

Tutte le pensioni minuto per minuto: mini, maxi, baby.

C'è una strana suddivisione demografica in Italia: i vecchi e i giovani. I vecchi stanno al potere, hanno alti stipendi, doppi o tripli incarichi (con relativi emolumenti) e per giunta prendono anche la pensione, lavorano e percepiscono la pensione allo stesso tempo, senza problemi di età. I secondi sono tutti quelli che mantengono i primi, definiti giovani anche se hanno 69 anni, perchè l'età per andare in pensione diventerà 70 anni. Da una parte vi sono i cittadini comuni, i "furbi", che devono lavorare una vita: un giovane che cominci a lavorare adesso ha la probabilità di andare in pensione nel 2060, dall'altra vi sono quelli che vanno in pensione con solo 15-20 anni di contributi, o i parlamentari, poverini, che ci vanno dopo "due anni e mezzo di legislatura o le doppie e triple pensioni, le pensioni superiori a 10.000 euro al mese, le pensioni cumulate con uno o più stipendi" [David Perluigi, Fannulloni, 2010, p. 29].
Salvatore Cannavò, nel giugno di quest'anno, ha preparato un'inchiesta per il Fatto Quotidiano intitolata Superpensioni e doppi redditi, eccone qualche stralcio (articolo qui, sul Megafono Quotidiano):

"Siano essi parlamentari, consulenti di ministeri, ministri o ex ministri, senatori a vita, tutti godono di importanti indennità rigorosamente pubbliche e a carico del bilancio generale. Contemporaneamente, percepiscono anche una pensione pubblica.
[...] la Legge 133/2008, la prima "manovra" economica di Tremonti - quella fatta "in 9 minuti" - ha abrogato, dal 2009, il divieto di cumulo, salvo alcune eccezioni, tra reddito di pensione e reddito di lavoro dipendente e autonomo. Così la somma di due redditi, in particolare se pubblici, è del tutto lecita. Peccato che quella stessa legge ha mantenuto le restrizioni per i titolari di pensione di invalidità e di reversibilità. In questi casi, infatti, permangono le restrizioni della riforma Dini, che impongono un taglio progressivo dell’assegno se gli altri redditi superano un determinato importo.
Per il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, il cumulo invece è possibile e la norma applicata dal governo Berlusconi ha avuto un valore significativo.
L'alto dirigente italiano, molto stimato in Patria e fuori, tanto da essersi visto assegnato l'incarico di presidente del Financial Stability Board, la commissione del Fondo monetario internazionale incaricata di garantire la stabilità finanziaria nel mondo, non può certo lamentarsi del compenso di cui gode per l'alto incarico che svolge. Eppure, accanto alla sua indennità d'oro, Mario Draghi incassa ogni mese una pensione lorda di 14.843 euro che diventa di 8.614,68 euro al netto delle ritenute. Fino al 2008, tra le ritenute c'era anche la trattenuta per cumulo tra pensione e reddito da lavoro, una condizione che al Governatore "costava" circa 4500 euro al mese.
Andiamo avanti con segnalazioni eccellenti. Il nemico giurato dei "fannulloni" pubblici, colui che vorrebbe "colpirne uno per educarne cento" e per il quale i dipendenti dell'amministrazione pubblica certo non stravedono fa parte di questa lista di privilegiati. Renato Brunetta, infatti, all'età di 60 anni si è messo in pensione come docente percependo una pensione che, paragonata a quelle precedenti, sembra modesta ma che comunque equivale a 3 mila euro netti al mese. Però Brunetta è parlamentare e ministro e a occhio e croce dovrebbe intascare circa 20 mila euro al mese che gli provengono sempre da denaro pubblico. Più la pensione. 
 Poi ci sono alcuni casi più che curiosi. Parliamo dei senatori della Repubblica, ma quelli veri, i "padri" della Patria, i senatori a vita. Citiamo solo due esempi, collocati su posizioni diverse: Giulio Andreotti e Oscar Luigi Scalfaro. Il primo, ha una "pensioncina" di 3.440 euro netti che gode dal 1992. Contemporaneamente, oltre a essere stato praticamente tutto nella storia della Repubblica è anche senatore a vita. Insomma, ha una indennità vitalizia garantita e potrebbe certo fare a meno di quella pensione pagatagli dall'Inpdap. Stesso discorso per Scalfaro che, oltre a essere senatore a vita è stato anche Presidente della Repubblica e che usufruisce di un assegno mensile di 4.774 euro.

Uno studio dei Cobas-Inpdap - autori di un volumetto in cui sono state pubblicate queste cifre - stima in circa 25 mila i fruitori di pensioni cumulate ad altri redditi provenienti da consulenze, incarichi parlamentari e altro. «Se si applicasse ai personaggi riportati nel nostro elenco (oltre ai già citati ci sono anche Mario Baldassarri, Sergio D'Antoni, Publio Fiori, Giorgio Guazzaloca, Antonio Martino, Andrea Monorchio, Girolamo Sirchia e altri ancora ndr.) il divieto di cumulo - ci spiega Ettore Davoli, del Cobas Inpdap di Roma - in quanto percettori di altri redditi, che non sono certo redditi da fame, potremmo avere un risparmio di circa 193 mila euro mensili». Il risparmio complessivo potrebbe essere quindi molto alto, se non i 3 miliardi calcolati dal Cobas sicuramente una cifra compresa tra 1 e 2 miliardi di euro. Una piccola manovrina e una misura di equità."

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