Forse anche Dio se ne è accorto, quando faceva le cose: il concetto di assoluto mal si addice agli umani. Mi chiedevo, in un post dal titolo Libia, è guerra, se e quando fosse lecito intervenire in difesa dei più deboli, ben sapendo che questo intervento cagiona la morte di qualcuno. Ma penso che ancora più di me dovrebbero essere in angustie i cristiani, per quel non so che di assoluto che c'è nella loro visione del mondo: l'intoccabilità della vita, prima di tutto.
In questo caso, un concetto così assoluto come quello dell'inviolabilità della vita cede, come ha fatto il suo omologo laico e democratico, di fronte alle necessità della differenza tra alienabilità e violabilità del diritto? E se cede, allora non è più un concetto assoluto, quello dell'inviolabilità della vita umana.
Dico questo dopo aver dato una scorsa alla voce Totalitarismo del bel Dizionario di Sociologia di Luciano Gallino. Per esempio, scrive Gallino che il totalitarismo è una forma di governo che presenta tutte queste caratteristiche insieme, tra le quali
"Una ideologia ufficiale, improntata da una filosofia assolutistica, la quale vuol trasformare radicalmente la società esistente e la stessa natura umana; [...] subordina l'individuo a questo in tutti gli aspetti della vita; definisce qual è l'interesse reale che il popolo deve perseguire; legittima l'intolleranza nei confronti di qualsiasi opposizione, anche se maggioritaria, in nome della nuova società che nascerà dalla rivoluzione."
Anche un'altra caratteristica del totalitarismo si presta a essere confusa con la manifestazione di modelli di pensiero che si trovano normalmente in giro,
"Un sistema politico atto a sfruttare e sviluppare i caratteri della società di massa, dominata da un partito unico i cui vertici si identificano con le massime cariche del legislativo e dell'esecutivo, ed i cui capi emergono dall'interno attraverso i meccanismi della cooptazione e del conflitto tra "linee" politiche ed economiche divergenti, al di fuori di ogni possibile influenza della gran maggioranza dei cittadini. Il partito comprende solo una frazione esigua della popolazione (nei casi storici più noti forse il 5%), sottoposta a una socializzazione politica particolarmente curata; ed entro il partito una frazione minima dei membri (alcune migliaia) detiene per intero il potere."
All'osservatore attento non sfuggirà che la chiesa cattolica ha perso il suo potere temporale, forse senza nemmeno rammaricarsene troppo. Là dove questo non è successo, dove cioè è al governo una teocrazia, la forma di governo assomiglia molto al totalitarismo.
Rinunciando a governare direttamente una società, quindi rinunciando a prendere decisioni su ogni questione, la chiesa ha potuto fare un salto qualitativo. Un sistema potenzialmente totalitario quale quello che non accetta revisioni si trasforma, a causa dell'assenza di decisioni, in un sistema più addolcito. E' così che la chiesa può mantenere un atteggiamento potenzialmente incoerente: da una parte difende la vita umana in maniera assoluta, dall'altra non esprime un giudizio mirato sulla difesa del più debole che comporta la morte di qualcuno ma esprime semplicemente il suo rammarico per qualsiasi atto di violenza e auspica una risoluzione pacifica.
Come facilmente si potrà notare, quantunque sia un atteggiamento improntato al rispetto, non è sempre facile da mantenere per un governo laico. Un governo laico deve prendere decisioni e queste decisioni possono contravvenire ad alcuni principi fondamentali stabiliti dallo stesso governo. E' una sorta di autoassoluzione, ma è necessaria. Nell'articolo citato sopra portavo l'esempio della legittima difesa, che può arrivare anche all'uccisione. Questa deroga non mina le fondamenta del diritto, nè è vissuta come incoerenza. Probabilmente questo si deve alla pretesa assolutistica dolce di ogni costrutto ideologico non di provenienza divina, come per esempio la Dichiarazione dei Diritti Universali dell'Uomo.
Mentre noi ipotizziamo per Dio l'esigenza di una coerenza totale (Dio è buono, ciò che fa è sempre un bene, e così via), che cadrebbe qualora ci trovassimo in difficoltà nell'applicarla, così non accade con i principi di origine umana, ai quali sono concesse delle deroghe. Purtroppo questa esigenza di sporcare ogni magnifico intento quando occorre prendere una decisione è insito in ogni sistema informativo. Non ne è esente lo stesso cervello che quando collassa alcuni pensieri in un linguaggio qualsiasi perde sempre qualcosa. Ne è un esempio mirabile S. Agostino che ebbe a dire nelle Confessioni, a proposito della nozione di tempo
“Se non me lo chiedi lo so, se me lo chiedi non lo so”.
E' per questo motivo che chi non è caricato dell'obbligo dell'azione può permettersi di disquisire in maniera approfondita sulle varie questioni, criticando ora questo atteggiamento ora quell'altro. Vale, in questo caso, la saggezza popolare che afferma come fai, sbagli.
Questa caratteristica dell'impossibilità di un linguaggio, quello delle azioni, delle decisioni o di qualunque tipo, di rappresentare per intero l'intento (per esempio: fare una frittata senza rompere le uova, liberare le nazioni dai dittatori senza colpo ferire) è quella caratteristica che ci fa appunto gridare all'incoerenza. Chiaro, non tutto può essere escluso dall'accusa di incoerenza. Però è anche vero che ogni atto si presta alla critica, come anche ogni non-atto.
Questa premessa per cercare di capire se l'intervento autorizzato dall'ONU è positivo o negativo. Ammesso che ognuno di noi vorrebbe liberare dalla tirannia senza magari uccidere nessuno, e constatato che non si può fare, l'unica alternativa possibile è sottoporre ad analisi questa decisione, verificandone tutti gli aspetti e le implicazioni. E' la classica approssimazione, il calcolo infinitesimale della matematica portato all'interno delle decisioni umane, che cerca di superare gli ostacoli insormontabili, come la quadratura del cerchio, per mezzo di approssimazioni sempre più piccole.
(continua)
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Bibliografia:
L. Gallino, Dizionario di sociologia, Utet 2006
S. Agostino, Le confessioni, Rizzoli
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