mercoledì 6 aprile 2011

Proposta di abolizione del reato di apologia del fascismo di alcuni senatori PdL

E' di ieri la notizia [3] che il 29 marzo alcuni senatori del PdL hanno presentato
"Un disegno di legge costituzionale che abolisce la XII norma transitoria e finale della Costituzione, quella che vieta "sotto qualsiasi forma, la riorganizzazione del disciolto partito fascista".
Il ddl è consultabile qui (anche se è piuttosto laconico). I firmatari sono 
"il senatore del Pdl Cristano De Eccher (Pdl), cofirmatari i senatori del Pdl Fabrizio Di Stefano, Francesco Bevilacqua, Giorgio Bornacin, Achille Totaro e il senatore Fli Egidio Digilio, che dopo un colloquio con il vicepresidente del suo gruppo Italo Bocchino ha deciso di ritirare la firma".
Il loro intento, così come raccolto dai giornali, sarebbe quello di abolire i reati di opinione
"Nessuna battaglia ideologica" ma invece la volontà di rendere coerente l'ordinamento che ha abolito i reati di opinione, ponendo fine a una norma costituzionale che il legislatore costituente stesso ha previsto come 'divieto temporaneo'. "Nessuno di noi - scrivono - ha mai pensato di avviare una battaglia di tipo ideologico fuori dal tempo e dalla storia. Il nostro ddl, infatti, si prefigge di intervenire su una norma transitoria che per sua stessa natura era quindi destinata, secondo la volontà dei padri costituenti, a valere per un tempo limitato. L'intendimento è semplicemente quello di intervenire su reati di opinione, tra l'altro non più attuali, in conformità a quanto già proposto da tanti parlamentari liberali e antifascisti in tempi nei quali le passioni ideologiche erano assai più vive di oggi".
La XII norma transitoria della Costituzione recita esattamente
XII
È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.
Le norme di attuazione di tale  disposizione transitoria sono racchiuse nella legge  n. 645 del 20 giugno 1952.Il testo della legge è disponibile qui. Già a suo tempo fu sollevata questione di legittimità costituzionale per contrasto con l'articolo 21 della Costituzione, che difende la libertà di espressione. La Consulta, chiamata a dirimere la questione, stabilì che [1]
"Come risulta dal contesto stesso della legge 1952... l'apologia del fascismo, per assumere carattere di reato, deve consistere non in una difesa elogiativa, ma in una esaltazione tale da poter condurre alla riorganizzazione del partito fascista. Ciò significa che deve essere considerata non già in sé e per sé, ma in rapporto a quella riorganizzazione, che è vietata dalla XII disposizione".
 Estendendone la portata.
Non crede questo Supremo Collegio che il criterio interpretativo di così ampia portata adottato dalla Corte costituzionale sia suscettibile di modificazioni e che esso non conservi la sua validità anche quando non trattasi di atti che integrino vera e propria apologia del fascismo ma si esauriscono in manifestazioni come il canto degli inni fascisti, poiché si ha ragione di ritenere anche che queste manifestazioni di carattere apologetico debbano essere sostenute, per ciò che concerne il rapporto di causalità fisica e psichica, dai due elementi della idoneità ed efficacia dei mezzi rispetto al pericolo della ricostituzione del partito fascista e che, quando questi requisiti sussistono, l'ipotesi di cui all'art. 5 legge citata é costituzionalmente legittima. Questo principio é fondato sulla stessa ratio legis, che é quella di evitare, attraverso l'apologia e le manifestazioni proprie del disciolto partito, il ritorno a qualsiasi forma di regime in contrasto con i principi e l'assetto dello Stato: esso non può non investire ogni singola disposizione di cui si compone la legge 20 giugno 1952".
Insomma, è una vicenda ancora attuale e presente, seppure si suppone svuotata di riferimenti ideologici, quella dell'abolizione del reato di apologia del fascismo. Le reazioni dei politici dell'opposizione sono state di sdegno, comprese alcune di sorpresa anche dal fronte della maggioranza. Ma è ancora necessario contemplare  il reato di apologia del fascismo?
Non so rispondere compiutamente. E' fin troppo facile dire: il fascismo rappresenta un male da ogni punto di vista, perchè segnato dalla macchia della dittatura, delle leggi razziali e così via. Pure, i padri costituenti non previdero una norma definitiva ma una transitoria, forse consapevoli che solo gli accadimenti storici recenti permettevano la deroga alla libertà d'espressione.
Si è notato, ancora ai giorni nostri, che vi è una classe di argomenti sui quali certa gente non ha facilità di accettazione. Recenti i fatti di massacri di occidentali e civili in risposta all'aver bruciato il corano [2]. Oppure i recenti avvenimenti in medioriente, o quelli nostrani su questioni politiche. Le convinzioni sono difficili da scardinare. Inoltre, più sono presenti e profonde nell'animo delle persone più danno luogo a comportamenti attivi, sembrando il contravvenire a queste convinzioni una somma ingiustizia.
Sul tema di cosa sia la percezione della giustizia avevo provato a dire qualche parola (Un'idea di giustizia). Queste parole  riguardano la possibilità e l'impossibilita di fare qualcosa da parte di qualcuno. Allora perchè chi vuole impedire agli altri di fare qualcosa, come per esempio elogiare il fascismo, si trova nella condizione di provare lui e non colui che impedisce, l'ingiustizia?

Sommariamente: non riuscire ad impedire la ricostituzione del disciolto partito e pensiero fascisti è vissuto come una impossibilità, che genera il senso di ingiustizia. Questo si deve al fatto che tutto quello che il regime fascista ha impedito a suo tempo non è ancora stato bilanciato. La presenza di un impedimento alla ricostituzione del partito e del pensiero fascisti è dunque un atto che bilancia uno strapotere passato vissuto come non ancora pareggiato. Anzi, l'ideologia fascista è vissuta come un generatore continuo di impossibilità potenziali, alle quali ci si oppone soltanto impedendogli di esistere. La cosa implica chiaramente il collegamento tra pensiero e azione, cioè la possibilità che il mancato impedimento all'esternazione del pensiero liberi l'azione.
Ma è una relazione giusta, questa tra pensiero e azione? Noi pensiamo prima di agire o pensiamo invece di agire? Ma ancora è presto per rispondere.




[1] Sentenza Corte di Cassazione

[2]Corano: nuovi scontri a Kandahar
[3] Il Pdl contro il reato di apologia del fascismo

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