La chiama strategia della sineddoche, la figura retorica che individua la parte per il tutto: Milano per l'Italia, per esempio, oppure Berlusconi per l'Italia. A parlare è Ilvo Diamanti nel suo editoriale post elezioni amministrative La lega gregaria e lo specchio infranto.
La tesi è quella che la strategia adottata da Berlusconi in questo frangente (ma anche in quasi tutti gli altri, aggiungo), che sarebbe quella della parte per il tutto, ovvero la famosa personalizzazione, ha fallito, annichilendo il suo non-partito: cioè il PdL. Tesi forte, perchè prematura, anche se confortata da qualche dato
Neanche il 29%, a Milano. Un calo di oltre 7 punti rispetto alle Regionali del 2011. Addirittura 12 rispetto alle precedenti Comunali del 2006 (considerando insieme Fi e An).
E pure la Lega, se non altro rispetto alle regionali (vedi tabella).
Il problema è la banalizzazione, lo stereotipo, che del resto è da sempre la strategia berlusconiana. Ma ha il difetto, a sentire Diamanti, di far scomparire i leghisti. Vediamo come.
Da sempre, il successo berlusconiano poggia su alcuni pilastri che non fanno parte del cosiddetto DNA della sinistra, e sono quindi disponibili per chi voglia appropriarsene
L'individualismo, lo spirito imprenditivo, l'insofferenza verso le regole, lo Stato e il pubblico. Un'etica relativa, intrisa di gallismo e omofobia. Berlusconi ha "rappresentato" tutto questo. L'ha messo in scena sui (suoi) media. Ne è divenuto il campione esemplare. La Lega l'ha assecondato.
Non per niente il partito, che ora include nel nome la mission, ha fatto del concetto di libertà -in tutte le sue sfumature- il punto centrale della sua politica. Questo tratto, della libertà del fare, del poter fare quello che si vuole, entra in sintonia con il fare dei leghisti, che è un fare pratico, intriso anche di un che di localismo, di insofferenza per lo straniero. In più, altro tratto di unione tra i due partiti (PdL e Lega) è il personalismo: Berlusconi per il PdL e Bossi per la Lega.
Ora, dice Diamanti, questo afflato berlusconiano degli esordi si è ristretto. Nel tempo, egli ha sempre di più accentuato il carattere personale del suo impegno politico, coagulandolo intorno alle sue vicende giudiziarie e alla sua lotta alla magistratura e abbandonando gli altri temi del suo impegno politico.
Diamanti evoca la metafora dello specchio e,a un certo punto, afferma
Una parte dell'Italia berlusconiana, però, ha guardato lo specchio e non si è riconosciuta. Così, la Moratti ha perso 11 punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni. Finendo sotto di quasi 7 punti rispetto a Pisapia. Lassini, il campione del neo-berlusconismo aggressivo, ha racimolato 800 preferenze. Ventesimo in graduatoria. Lui, Silvio, ha quasi dimezzato le preferenze personali rispetto a cinque anni fa (e questa volta non potrà accusare i sondaggisti comunisti di aver taroccato i dati sulla sua popolarità). Allargando lo sguardo agli 11 capoluoghi delle Regioni del nord dove si è votato, il Pdl ha perduto dappertutto rispetto alle Regionali del 2011 (unica eccezione Novara) e, in misura ancor più ampia, rispetto alle Comunali del 2011. Insomma, Berlusconi è andato troppo oltre. Il suo specchio, ieri, rifletteva, in parte, il sentimento popolare. Oggi invece riflette solo i suoi interessi. Ma lui non se n'è accorto. Continua a considerarlo e a considerarsi il riassunto del senso comune.
La tesi non è certamente peregrina ma, come dicevo, prematura. Anche se le avvisaglie ci sono. Del resto, come si sa benissimo, l'onere più gravoso spetta solitamente a chi governa. Tre anni di governo nazionale non eccezionali (per dirla con un eufemismo) unito alla personalizzazione spinta bagnano le polveri della campagna elettorale, facendo perdere consensi, soprattutto al PdL, che è il partito che più da vicino si identifica con Berlusconi. Ma anche la Lega ne soffre.
A causa del suo gregarismo. E' sembrata, dice Diamanti, troppo prona all'impostazione di Berlusconi, tra guai giudiziari e affari di cuore, pur martellando con la questione del federalismo, è parsa subire troppo la scaletta preparata dal premier dimenticandosi che c'è una crisi economica in atto della quale il popolo leghista (e anche gli altri, del resto) purtroppo non possono scordarsi.
La Lega perde peso elettorale
In 40 dei 49 comuni maggiori (di 15 mila abitanti) del Nord in cui è presente si va al ballottaggio. La Lega è scesa in misura significativa, rispetto a un anno fa. Quasi dovunque. In 9 capoluoghi di provincia su 11.
Lega fluttuante, la definisce Diamanti.
Radicata, dal punto di vista organizzativo e dell'elettorato "fedele", sale e scende sulla spinta degli elettori "infedeli". Che la scelgono e la usano in base ai momenti.
Quello che una volta si chiamava voto di protesta: solo che adesso la Lega è al governo, e invece di economia e lavoro è costretta ad occuparsi di avventure erotiche e giustizia.
Questo insieme di fattori rende la previsione sul futuro della coalizione incerto. La Lega è diventata grande: ormai non può più essere solo una promessa, ora è al governo, deve dimostrare di saper mettere in atto quanto prometteva. Ma con il PdL impegnato nella lotta di Berlusconi contro la magistratura si dimezzano le forze disponibili per le cose che servono. E del resto, uno senza l'altro sarebbero poca cosa.Se la linea della coalizione resta solo quella di Berlusconi, che parla con voce monocorde, il destino potrebbe essere quello di due interlocutori che non parlano più, fanno parlare le pasionarie al loro posto, con la prospettiva che
parlarsi tra loro, in futuro, sarà difficile.
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