mercoledì 17 luglio 2013

Razzismo, società tradizionali, frammentazione etnica e conflitti: il caso Calderoli-Kyenge e altri

Nelle società tradizionali esistono, in genere,  tre categorie di persone: gli amici, i nemici e i forestieri. Lascio a Jared Diamond, grande geografo studioso di storia dell'umanità, il compito di chiarire i tre concetti [1]:
Gli "amici" sono gli altri membri della stessa banda o dello stesso villaggio, e delle bande o dei villaggi confinanti con cui in quel momento la banda stessa intrattiene i rapporti di pace.              I "nemici" sono i membri di bande e villaggi confinanti con cui in quel momento la banda intrattiene invece rapporti di ostilità.                                                                                           [...] La terza categoria  è quella dei "forestieri", singoli estranei appartenenti a bande lontane con cui la prima ha nulli o scarsi contatti. [...] Se nel proprio territorio ci si imbatte in un forestiero si parte infatti dal presupposto che debba essere un individuo pericoloso.[pp 50 sgg.] 
2 su 3 sono nemici. Se un individuo isolato, lontano dal suo gruppo, incontra due o più sconosciuti, scappa. Se incontra un solo sconosciuto, e sono entrambi maschi adulti, probabilmente finiranno con lo scappare entrambi, dopo essersi studiati e aver valutato bene la situazione. Infine, se un individuo isolato incappa improvvisamente in un altro individuo isolato, senza che nessuno dei due abbia la possibilità di avvistarsi in anticipo, la prima cosa che fa è verificare se esistono parentele in comune, per "sgombrare il campo da possibili motivi di aggressione". In seguito valutano la possibilità di scappare o battersi.

Questo, in linea generale.
In questo modo, sulle tre possibili categorie di umani che si possono incontrare nella propria vita, due sono pericolose o potenzialmente tali mentre solo una non rappresenta un pericolo. Il mondo, dunque, è per i suoi 2/3 pericoloso.  Questo aspetto si riflette in quella che Diamond chiama la "paranoia costruttiva": i membri di queste società tradizionali  esercitano una "prudenza quasi paranoica nel corso dei  viaggi", appunto perchè rischiano di imbattersi, mano a mano che si allontanano dai loro territori, in nemici o forestieri  categorie, come visto, pericolose che possono aggredirti e ucciderti. Oggi, a noi, certi comportamenti fanno sorridere. Nelle nostre città non si ritrovano più, se non marginalmente, certe classificazioni e viaggiare, al di là del pericolo in sè, non è quasi più un'avventura che mette a rischio la vita.

Società di piccola e larga scala. Questa caratteristica distribuzione dei pericoli appartiene alle società di piccola scala. Infatti, con il tempo le società di umani che si sono evolute hanno imparato che dai forestieri non c'è da attendersi solo un pericolo ma ci si può aspettare anche di fare scambi proficui. E' la base dello sviluppo delle società umane che conosciamo. Quando vediamo filmati di società tradizionali osserviamo lo stridente contrasto con le nostre società: aver abbandonato questa atavica paura nei confronti di nemici e forestieri ha permesso di svilupparci in maniera straordinaria, se confrontata con le loro società su piccola scala.
Questo lungo preambolo serve a introdurre un tema particolarmente di moda in questi giorni sui media, anche se è argomento che non conosce mai un eccessivo oblio. Esempi recenti sono state le dichiarazioni fatte a un comizio dal senatore leghista Calderoli nei confronti del Ministro Kyenge, fatta assomigliare a un primate, oppure le parole che un poliziotto avrebbe proferito nei confronti di Alma Shalabayeva, secondo quanto da lei affermato, nella vicenda del blitz e dell'espulsione in Kazakistan, definendola peripatetica russa oppure ancora gli appellativi che alcuni deputati avrebbero riservato a una parlamentare 5 Stelle, che consisterebbero in una variante di quanto riportato sopra, senza il riferimento russo, però.

Mappe etniche. Sul Washington Post, qualche mese fa, Max Fisher pubblicava quella che definiva A fascinating map of the world’s most and least racially tolerant countries. La mappa, in verità, nasconde qualche sorpresa, mostrando India e Giordania come due delle nazioni più razziste, ma oltre quella ce n'era un'altra meno palese ma che uno studioso di conflitti etnici e razziali evidenziava: non si può valutare la tolleranza razziale solo su un elemento. Infatti, i dati su cui si basava la mappa di Fisher erano quelli relativi ad un'indagine consistente in una domanda posta a diversi soggetti appartenenti a 80 paesi: chi non vorresti come tuo vicino? I paesi in cui i soggetti rispondevano più spesso "persone di un'altra razza", erano indicati come razzisti.
Però razzista non è solo chi discrimina dal punto di vista del colore della pelle ma anche della provenienza geografica, del genere e dell'orientamento sessuale, dell'appartenenza religiosa o culturale, chiunque cioè crei o sfrutti un gruppo per escluderne altri:
When people persistently identify with a particular group, they form potential interest groups that can be manipulated by political leaders, who often choose to mobilize some coalition of ethnic groups (“us”) to the exclusion of others (“them”). Politicians also sometimes can mobilize support by singling out some groups for persecution, where hatred of the minority group is complementary to some policy the politician wishes to pursue. [Alesina et al. 2002, citato in A revealing map of the world’s most and least ethnically diverse countries]

Dallo studio di Alesina et al. risultavano 650 autodefiniti gruppi etnici in 190 paesi, una sostanziosa misura del valore eminentemente sociale del riferimento etnico:
Ethnicity, like race, is a social construct, but it’s still a construct with significant implications for the world. How people perceive ethnicity, both their own and that of others, can be tough to measure, particularly given that it’s so subjective.[A revealing... cit.]
Concentrazioni etniche. Ma, dalla suddivisione in tre categorie di persone delle società tradizionali all'autodefinizione di quasi tutte le popolazioni in gruppi etnici, assistiamo al  medesimo fenomeno? La creazione di un gruppo di riferimento da definire amico in seno al quale sentirsi al sicuro è tutt'uno con l'esigenza di creare, insieme al gruppo, anche uno status etnico, da opporre nei confronti dei diversi, i nemici e i forestieri? Nonostante queste due categorie siano ampiamente variabili, sia nelle società tradizionali che nelle nostre, la categoria in sè di nemico e forestiero sembrerebbe permanere. Ma questa frammentazione etnica è alla base della conflittualità e del razzismo? Non è così chiaro, come dice Steve Saideman, lo studioso di conflitti etnici che opinava sulla mappa di Fisher: Infatti, in una sua risposta a una di quelle mappe, Saideman nota, per esempio, che in Tanzania, pur essendo uno dei paesi più diversificati e disomogenei dal punto di vista etnico, non ci sono così tanti conflitti, forse perchè i gruppi sono molto simili quanto a dimensione e  forza. La sua ipotesi è che più che il frazionamento etnico in sè sia la concentrazione etnica a funzionare da innesco dei conflitti. Solo avendo una base solida, un gruppo e un territorio a disposizione, si può pensare a instaurare un conflitto. Là dove i gruppi etnici si mescolano vi è più difficoltà a farlo, per il fatto di sentirsi più vulnerabili vivendo in mezzo ai tuoi possibili nemici. Se ci si fa caso, è dalle periferie con ampie concentrazioni etniche che partono le rivolte non dall'occupare i quartieri in maniera disomogenea.

L'attualità politica. Torniamo per un momento all'attualità. Concordo sull'idea che una delle maggiori cause di conflitto sociale tra gruppi etnici diversi sia la concentrazione, soprattutto se sproporzionata. Lasciare che i cittadini di diverse nazioni formino dei ghetti, zone cioè in cui la concentrazione è massima, è uno dei modi migliori per impedire l'integrazione, vuoi perchè all'interno del gruppo  si sente di avere un territorio sicuro dal quale operare, vuoi perchè, dall'esterno, il gruppo compatto è visto come più minaccioso.
D'altra parte, il politico senza scrupoli sfrutta la tendenza arcaica a suddividere gli altri in amici, nemici e forestieri per legare maggiormente il gruppo, non immaginando (o non considerando le conseguenze) che molti potrebbero intendere questa sua intolleranza come reale (anche se potrebbe esserlo veramente), cosa che porterebbe inevitabilmente a zone di attrito, seppure a volte mitigato dal fatto di non vivere in una società tradizionale.
E' già stato fatto e lo sarà in futuro: trovare un altro gruppo etnico che reciti la parte del nemico per rafforzare la coesione interna o concentrare talmente la coesione interna da scatenare quei comportamenti da società tradizionale che dove non vede un amico vede per forza un nemico.
Se il razzismo nelle società tradizionali può essere visto come una forma di  sopravvivenza dei diversi gruppi, nelle società moderne ha meno senso, perchè la propria sopravvivenza è garantita da strutture specifiche e anche perchè le società moderne hanno basato il proprio sviluppo sul concetto di larga scala, il che implica l'abbassamento delle difese. E' da notare però che, nonostante l'impulso continuo alla scoperta di nuovi posti e la tendenza all'indipendenza da governi assolutistici, forme larvate di tradizionalismo emergono costantemente, quasi come se si trattasse di un'eredità non cancellabile.
Per questo motivo un politico degno di questo nome dovrebbe stare attento a quel che dice o ai sentimenti che innesca. Polarizzare troppo il suo gruppo potrebbe portare, come conseguenza, sia analoghe concentrazioni negli altri gruppi  sia alla creazione dell'innesco necessario al conflitto. Quantunque la base razziale avesse basi biologiche, e sembra non ne abbia, che implicazioni potrebbe mai avere dal punto di vista del nostro pericolo immediato? L'istinto non è molto razionale ma, a volte, neppure lui  può avere più scuse: la realtà ci rimanda continuamente un altro messaggio, in cui spesso non è il forestiero il nostro peggior nemico ma  l'amico, o quello che credevamo tale, che improvvisamente si trasforma nel nostro peggior incubo.

Condivido, per terminare, questo video dell'Associazione degli Antropologi Americani dal titolo: Siamo così diversi?








Note.

[1] Jared Diamond, Il Mondo fino a ieri, Einaudi 2013

Alesina, Alberto F., Easterly, William, Devleeschauwer, Arnaud, Kurlat, Sergio and Wacziarg, Romain T., Fractionalization (June 2002). Harvard Institute Research Working Paper No. 1959. Available at SSRN: http://ssrn.com/abstract=319762 or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.319762



image credit www.washingtonpost.com

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